Da bordo pista all’asfalto delle corse su strada, Marco Villa sta affrontando una nuova sfida, forse la più affascinante e complessa della sua lunga carriera tecnica. Dopo oltre quindici anni trascorsi a guidare con competenza, rigore e intuizione il gruppo azzurro della pista — portandolo ai vertici mondiali con titoli olimpici, iridati e record — il tecnico lombardo ha raccolto il testimone della Nazionale su strada maschile Elite. Un passaggio storico, che segna un cambio di rotta non solo per lui, ma per l’intero movimento ciclistico italiano. Figura riservata ma profondamente rispettata nel ciclismo internazionale, Villa ha costruito nel tempo una reputazione fatta di concretezza, spirito di squadra e una visione tattica lucida, affinata dal suo passato di atleta e, ancor di più, dall’esperienza maturata nel dirigere un settore complesso come quello della pista. È stato l’artefice, assieme al team tecnico federale, della rinascita dell’inseguimento a squadre, culminata con il trionfo olimpico a Tokyo 2020, e ha avuto un ruolo fondamentale nella crescita di talenti come Ganna, Consonni, Milan e Lamon. Ora il salto nella dimensione su strada — con tutte le sue variabili: gestione del gruppo, obiettivi stagionali, pressioni mediatiche e contesto WorldTour — rappresenta per Villa una nuova prova del nove. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per parlare del suo approccio al nuovo incarico, della continuità e del cambiamento tra pista e strada, della visione che ha per la Nazionale, e del significato profondo che assume oggi, nel ciclismo moderno, il ruolo di commissario tecnico.
A causa dei costi esorbitanti per la trasferta in Ruanda, la Federazione ha deciso di essere presente in tutte le categorie, ma in questo modo l’Italia non avrà il contingente pieno tra i professionisti: cosa cambia per te dal punto di vista tattico?
“Condivido e rispetto la scelta della Federazione. L’accontentare tutte le categorie, dando loro la possibilità di essere presenti al Mondiale, credo sia una buona decisione. Quella in Ruanda è senza dubbio una trasferta onerosa. Ogni nazione fa le sue scelte: l’Inghilterra è anni che rinuncia a corse come gli Europei, sacrificando dunque qualche gara, giusto per fare un esempio; così come la Francia, che negli anni ha fatto delle rinunce di partecipazione. Starà a noi tecnici fare delle scelte mirate, e lo capiremo strada facendo quali saranno quelle più giuste per avere più certezze.”
Pellizzari, Tiberi, Ciccone: nomi che saranno nella tua lista per i Mondiali?
“Assolutamente sì. Sono i nomi che balzano subito all’occhio. Ciccone ha dimostrato, anche nelle corse di un giorno, di sapersi muovere bene. Tiberi, a parte il talento e le caratteristiche adatte per il Mondiale, mi sarebbe piaciuto vederlo di più nelle prove di un giorno, ma cercherò di parlarci per capire come intende muoversi. Pellizzari, invece, è un corridore dinamico: ha dimostrato di esserci e di saper lavorare per la causa della squadra. Ha saputo adattarsi nel correre da leader e lo ha fatto con autorità in un contesto con nomi di rilievo. Mancano ancora diversi mesi al Mondiale e ci sono tanti altri ragazzi che si sono messi in luce, come Diego Ulissi, Alberto Bettiol, Marco Frigo, Mattia Cattaneo, Simone Velasco, Lorenzo Fortunato, Davide Piganzoli, giusto per citarne alcuni. La spedizione al Mondiale dovrà tenere conto anche della prova a cronometro e del Team Relay, senza dimenticare che bisognerà capire con i diretti interessati cosa ne pensano del Mondiale in Ruanda, perché ci saranno anche dei protocolli sanitari precisi da fare necessariamente prima della partenza — e magari non tutti saranno d’accordo.”
Corridori come Marco Frigo e Filippo Baroncini stanno lasciando intravedere qualcosa di interessante, seppur lentamente: conti su di loro?
“Sì, certo. Entrambi sono due ragazzi giovani che possono dire la loro, e hanno dimostrato di saper far bene sia nella cronometro che nella prova in linea. Sono quindi fondamentali anche per i Mondiali, con la prova contro il tempo e il Team Relay. Bisognerà poi capire con la Federazione, la dirigenza e i collaboratori su cosa vorremmo puntare maggiormente.”
Secondo te, Pellizzari al Giro ha compiuto il definitivo salto di qualità, facendo capire di essere pronto per lottare per un Grande Giro, o è ancora presto?
“Secondo me, il livello degli avversari è altissimo, e quindi non bisogna mai pensare di essere arrivati. Deve continuare a lavorare e a fare esperienza, correndo per i ruoli che gli vengono dati dalla squadra. È giovane e ha ancora molto tempo per crescere e maturare.”
Tiberi e Ciccone, per preparare al meglio il Mondiale, dovrebbero disputare la Vuelta puntando a qualche tappa o provando a fare classifica?
“Entrambi faranno la Vuelta, e questo è un buon punto di partenza. Non mi piace entrare nelle dinamiche delle squadre, ma credo che i team sapranno valutare attentamente il da farsi. È chiaro che molto dipenderà da come staranno loro, quindi dalla condizione con cui si presenteranno alla Vuelta. Correre la Vuelta da protagonisti vorrebbe dire avere la giusta gamba, e dopo poco meno di due settimane c’è il Mondiale…”
Per quanto riguarda invece l’Europeo, quali potrebbero essere le nostre punte?
“I nomi potrebbero essere simili a quelli del Mondiale, ma bisognerà tenere conto della logistica. Vorrei parlare un po’ di più con i ragazzi, e spero di poterlo già fare al Campionato Italiano questo fine settimana. Il numero dei corridori che potranno indossare la maglia della Nazionale ai Mondiali sarà ridotto, quindi alcuni dei nomi che saranno selezionati ma non prenderanno parte alla prova iridata potranno invece essere scelti per l’Europeo, visto che è un percorso simile.”
È trascorso ormai qualche mese dalla tua nomina a CT. Come procede?
“È un lavoro diverso rispetto a quello di commissario tecnico della pista, dove comunque alleno tutte le settimane il settore femminile insieme a Bragato. Il bagaglio tecnico che mi sono fatto in tutti questi anni vorrei custodirlo con cura. Il ruolo di CT della strada è più di dialogo e selezione dei ragazzi, che cerco di seguire sempre sul posto, o quando non posso, guardando le corse in televisione e segnandomi tutti i risultati in base al tipo di percorso e cercando di capire certi tipi di prestazione.”
Ti aspettavi qualcosa in più da Lorenzo Finn al Giro Next Gen?
“A me è piaciuto molto come si è mosso, con autorità e consapevolezza. Lorenzo corre già da maturo, con una squadra che lo supporta molto anche tecnicamente. Finn è un ottimo corridore e non lascia niente al caso. Ha fatto un buon Giro e penso che, quando il compagno (Tuckwell, ndr) ha vestito la Maglia Rosa, siano cambiate un po’ le dinamiche in squadra. Ha dovuto lavorare in supporto al suo compagno, ma come primo anno direi che è andato più che bene.”
Diamo un occhio alla tua cara pista: nonostante l’assenza di Milan e Ganna, pensi che l’Italia in campo maschile saprà rimanere competitiva in questo quadriennio?
“Penso che in questi dodici anni l’Italia abbia dimostrato di crescere con metodologia, ed è tornata ad alti livelli. Di questo ne ha tratto vantaggio anche il settore Juniores. Il ciclismo era cambiato, ci siamo adattati e adesso siamo tornati a essere una nazione di riferimento, che altri Paesi hanno preso d’esempio. In questi anni abbiamo vinto tanto, Salvoldi ha lavorato bene e c’è un parco di atleti che potranno sopperire all’assenza di atleti come Ganna e Milan, che dopo l’Olimpiade di Parigi si stanno dedicando maggiormente alla strada. Avere tanti atleti, anche giovani, che possono rappresentare l’Italia ad alto livello credo sia un bel punto di partenza. Poi è logico: se alle Olimpiadi ci fossero atleti come Ganna e Milan, il livello sarebbe ancora più alto, però credo che la nostra Nazionale su pista possa essere protagonista anche in questo quadriennio.”
Fonte: OA Sport – Articolo completo